domenica 13 dicembre 2009

Il parto delle nuvole pesanti Stasera in concerto a Orvieto

Questa sera alla Sala del Carmine di Orvieto, una delle band storiche del panorama world/rock/d'autore italiano, Il Parto delle Nuvole Pesanti, proporrà l'anteprima nazionale del concerto dal vivo che accompagnerà, dall'inizio del prossimo anno, l'uscita del nuovo album "Magnagrecia". Il tema dell'identità e delle radici etniche, è uno dei vostri tratti distintivi. Cosa ha ispirato questa ricerca?
"Diciamo che c'è una ragione di appartenenza - risponde Salvatore De Siena - perché essendo calabresi e avendo vissuto come tanti altri esperienze dell'abbandono dei posti dove si è nati, abbiamo in qualche modo scoperto che c'era una relazione con questi posti e quindi abbiamo avviato un discorso non di recupero, ma di avvicinamento a una parte di noi. Sempre in un'ottica non nostalgica, ma in quello che noi chiamiamo effetto palla di neve che scendendo a valle travolge tutto quello che incontra e quindi sotto l'aspetto della moltiplicazione delle identità."
Oggi presenterete ad Orvieto il vostro nuovo album "Magnagrecia". Quindi il Sud Italia è scelto quale ampliamento di questo discorso?
"Diciamo che è diventato un po' una metafora, al di là del titolo dell'album che potrebbe risultare anche un po' ridondante, ma in realtà è il titolo di una canzone che dice che in Magnagrecia gli dei non ci sono più. Volevamo quindi mandare un messaggio chiaro ma anche di speranza sulla situazione triste, ma anche foriera in qualche modo di novità, un punto di ripartenza. Il Sud può diventare una metafora di quello che l'uomo deve avere per sé anche nei momenti difficili. Quindi non è tanto il Sud inteso come appartenenza ma inteso come il simbolo di una possibilità, di una chance che l'uomo deve comunque avere davanti a sé per non rassegnarsi alla realtà, per non rischiare di diventare impotente rispetto alla propria vita."
Roberto Saviano ha citato nei giorni scorsi i meridionali come i più autentici cittadini di Milano. Il tema dell'emigrazione è un altro dei vostri argomenti forti…
"sì, Saviano che nel suo libro Gomorra, non ci cita direttamente ma cita il titolo di una nostra canzone del primo album. Reinventarsi i luoghi, Sala Consilina per noi diventava Sahara Consilina, una descrizione di quando si scende a Sud e si arriva a Eboli e sembra che la vita non ci sia più e che tutto sia come desertificato. Con altri scrittori abbiamo elaborato un altro progetto sull'identità che si forma nel viaggio. Con Vito Teti e il suo "
Il senso dei luoghi
" e con Carmine Abate che ha scritto tra l'altro "
La festa del ritorno
" ci siamo chiesti cosa significa davvero questo viaggio dell'emigrante. Noi non parliamo dell'emigrazione come vittime, la prendiamo così com'è, come esperienza di vita a cui vorremmo dare un senso positivo."
Sì, come Saviano che dice che i meridionali hanno reinventato Milano o, se vogliamo, come l'identità plurale di cui parla il Premio Nobel indiano Amartya Sen…
"Con l'idea del ritorno abbiamo realizzato un bel progetto che si chiama 'La valigia d'identità' lungo il percorso di andata e ritorno Italia-Germania: Stoccarda, Colonia, Berlino poi siamo tornati indietro sino a Asti, Bologna, Napoli sino ad arrivare in Calabria. Lì era toccato il tema della moltiplicazione delle identità e dell'arricchimento culturale dello status di emigrante. Ti ritrovi con più conoscenze e un po' il segno di quell'esperienza ti cambia. Devi saper cogliere quell'esperienza, piuttosto che la chiusura nostalgica verso il passato."
I meridionali quindi hanno reinventato Milano e il Sud?
"Esatto, si tratta ora anche di reinventare il Sud. Per questo abbiamo fatto questa scelta simbolica e abbiamo voluto dare questo segnale con Magnagrecia. Bisogna partire da noi e non puntare sugli dei, perché gli dei non ci sono più, possiamo ricostruirci i luoghi e dare un senso nuovo a questi luoghi e dare un senso nuovo alla prospettiva di un ritorno, tornando però arricchiti da una consapevolezza nuova."
"Magnagrecia" rappresenta quindi la continuazione di un vecchio discorso da voi già iniziato con il film "i colori dell'abbandono"?
"sì esatto, un viaggio da Berlino a Pentadattilo, un paesino misterioso e abbandonato affacciato sul Mediterraneo che fa parte dell'area grecanica della Calabria."
Quindi radici fluttuanti e suoni che allo stesso tempo guardano al mondo con un mix di etno e world...
"sì, c'è una sorta di apertura a livello internazionale con ingredienti elettroacustici, una sorta di etnotech-world, in cui i suoni pur "
agitandosi
" nell'album, non sono mai scontati, banali. Addirittura c'è un elemento elettronico che però si fonde bene a tutto il contesto. Ed ha una formula che risulta "
fresca", che esula dal già sentito".

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